Archeologia & Misteri
Temo che questa storia, apparentemente incredibile, che mi accingo a raccontare, sarà considerata come il risultato di una mente distorta, indotta, probabilmente, dall’attrazione che ha nel togliere il velo di un meraviglioso mistero, invece di una sincera testimonianza, di un’esperienza ineguagliabile, raccontata da un uomo: Olaf Jansen… (WILLIS GEORGE EMERSON)
Olaf, a 95 anni, in punto di morte e dopo essere stato deriso, tradito, messo in manicomio ed infine incarcerato, decise di raccontare per l’ultima volta dopo 30’anni la sua storia:
“Mi chiamo Olaf Jansen. Sono un norvegese del 1811. Mio padre, Jens Jansen, nacque a Rodwig, nella costa scandinava… dotato di una resistenza superiore ad ogni altro uomo che ho conosciuto. Aveva la gentilezza di una donna, era tenero, ma estremamente determinato e con una volontà suprema, al di là di ogni descrizione.”
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La cronaca dei punti salienti:
– Ricordo bene che lasciammo Stoccolma con il nostro peschereccio, il terzo giorno di aprile del 1829 diretti a sud, lasciando le Isole Gothland alla sinistra e le Isole Oeland a destra.
– Attraccammo a Hammerfest, latitudine 71° 40′ e per un paio di giorni riposammo.
– I due viaggiarono in un ”labirinto degli iceberg quando ad un certo momento un forte vento venne da sud-ovest… Mai prima di allora vidi tanti uccelli, erano così numerosi che coprivano le rocce della costa e oscuravano il cielo.”
– Mio padre era un ardente fedele di Odino e Thor e mi diceva frequentemente che erano Dei che erano venuti dal lontano “Vento del Nord”. Mi spiegò che nel profondo Nord c’era una terra molto bella, che ogni mortale avrebbe dovuto conoscere e che era abitata dagli “Scelti”.
– Per miracolo sfuggimmo al pericolo di essere distrutti dal mare “Coraggio figlio mio, Odino è il Dio delle acque, compagno dei coraggiosi, è con noi! Non avere paura”. La piccola imbarcazione imbarcava acqua, la neve stava cadendo così velocemente da esserne accecati, le onde ci sballottavano come fuscelli.
– Allungandomi fuori bordo, riempii il recipiente di acqua del mare per lavarmi le mani ed il viso. Quando l’acqua venne in contatto con le mie labbra, con meraviglia, scoprii che non era salata. Sobbalzai dalla scoperta. “Padre, l’acqua non è salata!”.
– Liberammo la bussola e la girammo nel giusto punto e angolo. L’ago sembrava impazzito, come ubriaco. Questo clima andò avanti per giorni e dalle registrazioni di bordo, scoprimmo che avevamo navigato per undici giorni, dopo la tempesta.
– Secondo i nostri calcoli doveva essere il primo di agosto. Il giorno dopo, mio padre mi fece sobbalzare richiamando la mia attenzione su una nuova visuale di fronte a noi “è un Sole contraffatto, strano”
– Finalmente ci mettemmo d’accordo sul fatto che questo fumoso, bronzeo, sole colorato, qualunque fosse la causa del fenomeno, non era il riflesso del nostro sole, ma fosse in realtà, un qualche genere di oggetto celeste.
– In uno dei giorni seguenti mi sentii “Olaf, svegliati, c’è terra in vista!”. Scattai in piedi e oh! …La terra era coperta da alberi e vegetazione. Non posso esprimere i mie sentimenti di esultanza alla scoperta. Mio padre era immobile, con le mani sul timone, tirando fuori le preghiere dal suo cuore, per ringraziare gli Dei Odino e Thor. Doveva essere circa il primo di settembre.
– Improvvisamente ci spaventammo nel sentire in lontananza un canto di gente. Molto presto scoprimmo un’immensa nave che scivolava sul fiume direttamente verso di noi. Quelli che erano a bordo cantavano un poderoso coro che, echeggiando, dava l’impressione fosse composto da migliaia di voci… Era una nave molto più grande di quelle che avevamo mai visto, ed era costruita molto differentemente.
– L’immensa nave si fermò, e venne calata un’imbarcazione, con sei uomini di statura gigantesca, che si diressero verso di noi. Parlavano una strana lingua. Vedevamo dai loro modi, comunque, che erano amichevoli. Parlarono fra loro e uno di loro rise smodatamente… il capo ci fece comprendere a gesti, se volevamo lasciare l’imbarcazione ed andare a bordo della loro nave. “Che ne dici, figlio mio?”, mi chiese mio padre.
– Nel giro di pochi minuti eravamo a bordo della nave e dopo un’ora e mezza, la nostra barca veniva tirata fuori dall’acqua, da una strana attrezzatura con un gancio e portata a bordo. A bordo di questa colossale nave c’erano molte centinaia di persone. La nave si chiamava “Naz”, che significa, come abbiamo appreso successivamente, “Piacere” o per darne una più appropriata interpretazione, “Gita di Piacere”. Gli occupanti della nave ci osservarono con curiosità…
– Non c’era singolo essere a bordo che fosse alto meno di 3,60 m. Avevano un viso dolce e bello, estremamente onesto, con carnagione rossastra. I capelli e la barba di alcuni erano neri, altri colore sabbia, ed ancora altri, gialli. Le donne erano in media alte 3,30 m.. Le loro fattezze particolarmente regolari e raffinate, mentre il colorito era di una tinta delicata, con una salutare luminosità.
– Sia gli uomini che le donne avevano una particolare gentilezza, nello sguardo e nei modi. Nonostante la loro statura, gigantesca, non c’era segno di imbarazzo nei nostri confronti. Il 1.80 m. di mio padre non arrivava alla cintura di questi esseri. Ed anche se io avevo soltanto 19 anni, ero, senza dubbio, visto come Pollicino.
– Erano riccamente vestiti, in un costume particolarmente bello e attraente. Gli uomini avevano tuniche ricamate di seta e raso, allacciate alla vita… Anche se può sembrare strano, né io né mio padre sentivamo la minima preoccupazione per la nostra salvezza.
– Il veicolo, silenzioso, era molto potente. I bordi del fiume e gli alberi correvano veloci. La velocità della nave superava la velocità di ogni treno che avrei preso successivamente nella mia vita.
– La nave era equipaggiata con un sistema di illuminazione che presumo fosse elettricità, ma né io né mio padre eravamo sufficientemente esperti per comprendere da dove venisse questa fonte di energia e per mantenere quelle belle luci soffuse, così simili alle luci della nostra civiltà di oggi. Devo ricordare, che il periodo di questi avvenimenti era l’autunno del 1829…

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